CORONAVIRUS: PARLA DRAGHI

Prima del vertice europeo irrompe nelle concitate fasi di trattativa tra i Paesi europei nella gestione dell’emergenza, l’ex Presidente della Banca Centrale Europea,  con un editoriale sul Financial Times nel quale riconosce l’epidemia quale “una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche” dal costo enorme e con una recessione inevitabile.

Draghi evidenzia come non si può stare a guardare solo l’aumento del debito degli Stati perché l’alternativa sarebbe la distruzione totale della capacità produttiva, quindi danni irreversibili ai Paesi e un effetto ben peggiore sul futuro della collettività.

L’accettazione di livelli più elevati di debito pubblico (che assorbirà la perdita di reddito del settore privato) diventeranno una caratteristica economica del futuro e saranno accompagnati da una cancellazione del debito privato: è compito proprio dello Stato utilizzare le risorse per proteggere i cittadini”.

“In primo luogo bisogna evitare che le persone perdano il loro lavoro e le banche devono prestare denaro a costo zero alle imprese: non deve essere fornito soltanto un reddito base a chi ha perso il proprio lavoro” è  la sintesi del suo intervento.

Di fronte a circostanze non previste è necessario un cambio di mentalità, come in tempi di guerra, e con un approccio complessivo” è l’esortazione ai Governi europei a fare fronte comune  soprattutto velocizzando le azioni e le decisioni per salvare la popolazione da questa ecatombe.

Con una immediata iniezione di liquidità le aziende possono essere aiutate a coprire le spese operative durante la crisi” e il discorso è valido per imprese di ogni dimensione oltre che lavoratori autonomi.

 

Draghi giornale foto migliore

 

Parole rivolte dunque essenzialmente ai Paesi europei che in questi giorni mettono  sul tavolo la loro diversità di vedute sull’uso dei vari strumenti che possono essere attivati.

Il Mes, un fondo dalle risorse limitate (400 miliardi) che dovrebbe questa volta operare senza particolari condizionamenti concedendo linee di credito precauzionali agli Stati “targetizzando” l’utilizzo dei fondi all’esclusivo finanziamento della spesa sanitaria e alla copertura degli effetti economici strettamente legati alla prima emergenza. I Governi europei discutono sui vincoli da applicare o meno nell’erogazione dei fondi e sul superamento della valutazione ex ante dell’affidabilità del Paese ricevente. Dopo l’utilizzo del Mes si renderà comunque necessaria una integrazione finanziaria, visto il limite della liquidità disponibile.

L’emissione di Coronabonds, titoli di debito europei finalizzati nell’utilizzo delle risorse, che potrebbero essere emessi dalla Banca europea degli investimenti e per i quali risponde ogni Paese per la sua parte.

L’emissione di Eurobonds, titoli di debito che invece comporterebbero una mutualizzazione del debito tra tutti i Paesi europei.

 

In questo breve lasso di tempo si sono susseguiti gli interventi delle Istituzioni comunitarie:

la COMMISSIONE EUROPEA ha sospeso  l’applicazione del Patto di stabilità garantendo a tutti i Paesi la possibilità di superare i limiti delle regole nella gestione delle spese per l’emergenza sanitaria, ha riprogrammato le risorse della politica di coesione verso l’acquisto di materiale sanitario e l’assunzione di personale, ha lasciato inoltre ai Paesi i fondi che sono stati anticipati nei  prefinanziamenti del 2019 (che avrebbero dovuto essere restituiti nel 2020);

la BANCA CENTRALE EUROPEA ha  lanciato un primo piano di 120 miliardi di Quantitative Easing per portare sostegno ai titoli e ai finanziamenti pubblici e privati,

-sempre la Banca Centrale Europea ha annunciato il completamento della prima fase dei suoi interventi portando il Quantitative easing ad ulteriori 750 miliardi fino a fine 2020, lasciando ovviamente aperta la porta ad ulteriori interventi.

 

L’Italia sta affrontando intanto la fase acuta dell’emergenza: al primo decreto di marzo per 25 miliardi dovrà aggiungersi un ulteriore intervento di maggiore o ugual somma per il quale il Governo chiederà nuova autorizzazione al Parlamento nello scostamento del deficit.

Gli interventi sono concreti e ad ampio raggio:

– il ritardo (anche se si dovrà pensare alla possibile cancellazione) di alcune scadenze fiscali e contributive,

– il sostegno ai lavoratori dipendenti e agli autonomi (senza riferimento al reddito),

– la fornitura di liquidità alle imprese  (tramite il Fondo centrale di garanzia o tramite la Cassa depositi e prestiti che devono poter intervenire anche sulle piccole e medie imprese).

Obiettivo: evitare che la chiusura delle attività non diventi definitiva e il sistema economico non collassi per sempre di fronte a questa inaspettata emergenza umanitaria.

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Bankitalia ha invitato il Governo ad utilizzare le risorse in maniera prudente finalizzandole esclusivamente all’emergenza e subordinando l’analisi del debito che ne deriverà al termine del periodo. Sicuramente le banche si troveranno di fronte ad un aumento dei rischi che dovranno essere però superati con l’introduzione di garanzie a cittadini ed imprese che permetteranno l’accesso alla liquidità nonché la previsione normativa che questa situazione di crisi sanitaria non abbia conseguenze sulla posizione civilistica (e penale) delle imprese.

 

Dopo la caduta della domanda portata da questa crisi economica dovrà essere ricostruito l’intero sistema economico: occorreranno investimenti pubblici e privati e una profonda ristrutturazione del sistema operativo del nostro Paese. Quelle riforme da tanti anni invocate, mai attuate, che potranno cambiare questa volta il volto alla nostra economia. Tutto ciò che Draghi, in tempi non sospetti, aveva chiesto a gran voce.

Come sostiene l’ex Presidente della BCE “siamo come in una guerra” e sarebbe anche auspicabile che le forze politiche, almeno per questa volta, lavorino tutte con obiettività, senza scontri personali, per garantire lo spirito di unità oggi più che mai necessario alla nostra Nazione.

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