Stranamente in silenzio la politica italiana, che deve gestire un debito pubblico di 2.300 miliardi, mentre è destinata a cambiare, nel prossimo biennio, la politica monetaria della Banca centrale europea, in procinto di chiudere la possibilità di risparmio concessa con i bassi tassi al debito pubblico ed al finanziamento di imprese e famiglie.
L’Italia si presenta in questo contesto senza aver migliorato in maniera incisiva i propri conti pubblici e senza aver destinato almeno parte dei risparmi alla riduzione del debito: i governi hanno utilizzato i risparmi avuti solo per alleggerire l’impatto che avrebbero procurato socialmente le politiche di bilancio rigorose, alimentando in diversi casi il consenso a breve.
COME SI MUOVERA’ LA BANCA CENTRALE EUROPEA
La Banca centrale europea a guida Draghi attuerà una riduzione graduale (e non brusca) degli stimoli monetari: l’importo dei titoli che arriveranno a scadenza sarà reinvestito senza più aumentare il bilancio complessivo. Verrà attuato uno “scaling down” al posto del solo “tapering” (con il quale si sarebbe ridotta la quantità di titoli acquistati): ci sarà una combinazione dei due interventi.
Sino al momento dell’esaurimento delle politiche monetarie espansive i nostri politici saranno messi di fronte alle loro responsabilità per il riequilibrio dei conti pubblici, consci (o inconsci?) del fatto che non avranno più alcuna rete di supporto e con l’obiettivo di evitare che si ripresentino aggravati i problemi sviluppatisi tra il 2008 ed il 2014.
Per la conclusione dell’operatività del Quantitative easing, il parametro guida resterà l’inflazione, che dovrà tornare verso il 2% in maniera non occasionale e in grado di mantenersi autonomamente. Inflazione che oggi è ancora pesantemente gravata dalla grande debolezza dell’occupazione che non si tramuta in crescita dei salari a causa:
– delle importanti sacche disoccupazionali nei vari territori,
– del timore di perdere il posto di lavoro richiedendo aumenti,
– della bassa produttività,
-della presenza di manodopera poco qualificata richiesta in determinati settori,
-dell’uso di tecnologie a basso utilizzo di manodopera,
-della tendenza demografica che rivela una popolazione che sta invecchiando,
-della crescita ineguale tra le varie aree,
-della presenza di un mercato del lavoro molto flessibile,
La debolezza occupazionale si riverbera indirettamente anche sul mercato dei consumi, che restano, così, poco incisivi sulla crescita dell’inflazione.
La BCE, nel fare i suoi prossimi passi, si muoverà azionando 3 leve:
1)la combinazione della riduzione graduale del Quantitative Easing e il reinvestimento dei titoli a scadenza,
2)la forward guidance (le indicazioni sul futuro della politica monetaria che garantiranno una certa stabilità e chiarezza sull’andamento a breve della curva dei tassi, onde evitare forti speculazioni),
3)la possibilità di fornitura di ulteriore liquidità alle banche.
L’ITALIA E MARIO DRAGHI
Con la riduzione degli acquisti ed il successivo aumento dei tassi, il debito è destinato ad aumentare: a questa prospettiva si allaccia altresì la ventilata possibilità che alcune forze politiche hanno espresso di voler lavorare in deficit nelle varie promesse elettorali.
Mario Draghi lascerà la Presidenza della Bce nel novembre 2019 e solo sino a quel momento resterà la garanzia che “i tassi resteranno fermi su livelli pari a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben oltre il termine degli acquisti netti di attività”.
Nel frattempo è recentemente entrato alla Vice Presidenza della BCE un uomo politico del Sud Europa: questa mossa lascia presagire l’arrivo di un uomo del Nord Europa al cambio di presidenza Draghi del 2019. Quel Nord Europa amante delle politiche di rigore e che più di una volta ha ventilato i sospetti che la politica monetaria attuale rappresentasse una forma di “finanziamento a favore di alcuni Stati membri”.
GLI EFFETTI DELLE POLITICHE MONETARIE STRAORDINARIE
Le politiche monetarie attuate sinora, aumentando l’indebitamento pubblico e privato, sono riuscite a garantire una importante ripresa del PIL, arginando gli effetti devastanti della crisi partita nel 2008. La ripresa dell’occupazione ha visto l’attivazione di oltre 6 milioni di posti di lavoro nell’intera area.
Le note negative sono ascrivibili eventualmente agli impieghi dei prestiti erogati, in buona parte destinati alle aziende medio – grandi, e che in taluni casi hanno accentuato la differenziazione tra operazioni “buone “ e “cattive”. Né possono dimenticarsi i passaggi in cui alcune società hanno ricevuto finanziamenti che hanno utilizzato per fini meno “nobili”: il riacquisto di azioni proprie o, talvolta, la distribuzione di dividendi.
I tassi bassi hanno nel frattempo anche:
-favorito la permanenza di strutture ed apparati pubblici inefficienti,
-fatto aumentare investimenti rischiosi,
-penalizzato i risparmiatori e l’industria assicurativa e pensionistica.
L’AUTONOMIA DELLA POLITICA MONETARIA RISPETTO ALLA POLITICA
Il rialzo dei tassi è partito intanto negli Stati Uniti, e non è negata la possibilità che si riaccendano focolai di rischio: sui paesi emergenti indebitati che potrebbero non riuscire a cautelarsi degli aumenti, sui titoli tecnologici degli Stati Uniti che sembrano presentare quotazioni eccessive.
Il ritorno ad una politica monetaria normalizzata da parte di Banca Centrale Europea e Fed, dovrà mantenere l’autonomia rispetto agli accadimenti politici, e continuare a garantire la gradualità per evitare scosse negative alle economie. Questa “normalizzazione” sarà una delle più grandi sfide dei nostri tempi.
L’aumento dei tassi comporterà, per di più, una ulteriore maggiore selezione dei beneficiari dei finanziamenti.
L’economia dei Paesi sarà messa davanti alla vera prova.
Non mancherà al mercato anche il rischio delle politiche protezionistiche in corso e l’applicazione dei dazi che rischiano di penalizzare i Paesi che non hanno i fondamentali in ordine.
I NOSTRI POLITICI
Un giorno, forse, la nostra politica passerà al vaglio l’azione delle Banche centrali, e si renderà conto delle conseguenze di quanto sta accadendo oggi: una parziale, ma importantissima, limitazione della sua futura possibilità di azione.
— presso Francavilla a Mare.
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