L’OPERATO DELLE BANCHE CENTRALI
L’attuazione di misure espansive, soprattutto di tipo straordinario, resesi necessarie data l’ormai pressoché irrilevanza di quelle ordinarie, non ha trasferito in pieno i suoi effetti nelle diverse economie.
Con la riduzione dei tassi sono aumentati i debiti di famiglie ed imprese (anche se tutti i Governatori tengono a sottolineare che non vi sono all’orizzonte rischi di bolle sul credito) e sono aumentati i valori azionari di borsa rispetto all’effettivo riflesso degli utili aziendali.
Si è invertita più di una volta la curva dei tassi: l’immissione di liquidità ha di fatto scoraggiato la fiducia nel futuro, ed i tassi a breve sono uguali o superiori a quelli a lungo termine, creando incognite sulle prospettive future e gravi danni sulla redditività degli istituti di credito (che raccolgono a breve a tassi elevati e prestano a lungo a tassi più bassi).
In caso di possibili shock avversi ed improvvisi è quasi del tutto prosciugata la cassetta degli attrezzi da sperimentare ed azionare.
LE TENSIONI GEOPOLITICHE
Impatto negativo ed imponente sull’operato delle banche centrali è rappresentato dalle tensioni su commerci, dazi e cambi tra Stati Uniti e Cina, a cui si sommano quelle tra Stati Uniti ed Unione europea.
La conseguenza è una notevole debolezza del commercio internazionale, che si affianca ad una inflazione inferiore ai valori prefissati, allontanandosi dall’obiettivo del 2% ed ancorandosi intorno all’1-1,4%.
Dove vi erano segnali di surriscaldamento nella ripresa economica, ora vi sono evidenti segni di rallentamento (in primis per l’Unione europea).
Per tale ragione il Presidente Draghi nel corso del suo operato ha ripetutamente invitato i Paesi con capacità di bilancio ad agire in modo tempestivo ed efficace per contrastare queste tendenze di declino, evitando di attendere che la recessione si manifesti in pieno.
LA FEDERAL RESERVE
La Banca centrale americana, che doveva aumentare i tassi data la ripresa degli anni recenti, con l’avvento della Presidenza Trump ha ricominciato a tagliarli amplificando gli effetti degli stimoli fiscali dell’Amministrazione americana.
Il principale problema della Fed è l’ormai assodata “non trasparenza”: niente più sguardo a medio e lungo termine, niente aspettative da orientare per i mercati, provvedimenti presi piuttosto istantaneamente senza spiegare quale sarà il percorso, proprio nel momento in cui i mercati e gli operatori fanno la massima richiesta di informazioni per orientarsi in una prospettiva più chiara.
Incertezza caratterizzata da un basso tasso di disoccupazione (ai minimi degli ultimi 50 anni) e scarsa dinamica nella crescita dei prezzi nonostante gli indici di fiducia e i consumi interni siano a valori elevati: il legame crescita -> occupazione -> salari -> prezzi sembra essere più blando e da questo deriva il sostanziale rallentamento nella trasmissione degli effetti delle politiche fiscali e monetarie.
Le aspettative, date le tensioni generate dall’Amministrazione americana, fanno posporre aumenti salariali e spese: sconvolgere i commerci mondiali potrebbe rivelarsi, a distanza di tempo, un’arma a doppio taglio per gli Stati Uniti.
Né può bastare la giustificazione della Fed che è la congiuntura internazionale ad essere sfavorevole, non se sono proprio gli Stati Uniti a guidare l’economia mondiale e dal posizionamento della Fed derivano conseguenze sulle economie dell’intero globo.
Un importante monito di allerta si è verificato a settembre: una grave crisi di liquidità nel mercato interbancario a breve termine ha costretto la Fed ad erogare disponibilità in emergenza, onde evitare problemi successivi al credito e all’economia in generale. L’origine del problema risiederebbe nell’aumento del deficit degli Stati Uniti che con l’emissione dei titoli a debito ha drenato liquidità, mentre le imprese arrivavano al Tax day con importanti fabbisogni finanziari e la Fed, riducendo le operazioni di QE, aveva nel frattempo ridotto la liquidità presente sul mercato.
Non bastano le parziali rassicurazioni del Governatore Powell il quale ha dichiarato che “la Banca centrale potrebbe riattivare la crescita organica del bilancio prima del previsto”. Di quanto, quando, a quali valori sia ancorata questa decisione, non è dato sapere.
LA BANCA CENTRALE EUROPEA
Nella riunione del Consiglio Direttivo di Settembre il Presidente Draghi ha lanciato un ulteriore piano di stimoli con l’intenzione di dare ancora un sostegno importante all’eurozona, sulla quale gravano i forti segnali di rallentamento:
-ripristinato il Quantitative easing da 2 a 20 miliardi al mese senza fissare una durata temporale ma ancorandone la fine al futuro rialzo dei tassi di interesse (quindi all’uscita dall’incertezza),
-attivato un taglio ulteriore dei tassi di interesse sulle somme depositate dagli Istituti presso la Banca centrale al fine di stimolare gli istituti ad immettere fondi nell’economia reale,
-creata una doppia fascia di remunerazione delle riserve detenute presso la Bce, al fine di evitare eccessive penalizzazioni per gli Istituti con eccedenze di liquidità,
-riparametrizzate le operazioni finanziarie destinate all’economia reale (TLTRO) prolungandole a 3 anni anziché a 2, per essere più aderenti alle richieste delle realtà di mercato.
GLI ISTITUTI BANCARI
La redditività degli Istituti bancari è stata fortemente penalizzata dai bassi tassi degli ultimi anni. Se vi è stato un sostanzioso rafforzamento patrimoniale dovuto all’introduzione di nuove regole di bilancio, il costo dei tassi bassi scaricato sugli Istituti è stato forte tanto da condizionare anche il valore dei listini azionari di riferimento, penalizzandoli.
Insieme ad importanti investimenti per sostenere il digital banking, le banche sono state aiutate oltre che dal trading sui titoli del debito pubblico, soltanto dalla misura adottata recentemente dal Presidente Draghi il quale ha annunciato un sistema di remunerazione differenziato delle riserve detenute presso la Bce (sollecitato in Italia anche dall’Abi con una missiva inviata a Bankitalia e alla Bce).
Anche la riduzione dello spread con il cambio di governo negli ultimi mesi ha migliorato i conti economici bancari e consolidato la struttura patrimoniale laddove essi rappresentino la dotazione di capitale: il miglioramento dei requisiti ha permesso un allentamento nelle condizioni del credito, favorendone la concessione.
Un quadro variegato, complesso, al quale è bene per la Presidente Lagarde non si aggiungano discussioni per interessi interni ai Paesi membri del Consiglio Direttivo.
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