Alitalia: una storia infinita di perdite miliardarie

Diciottomila miliardi di vecchie lire sino ad oggi il conto a carico degli italiani per mantenere in piedi la compagnia aerea tra aumenti di capitale, contributi e garanzie.

Un azienda che ha sostanzialmente un valore nullo o bassissimo, che pesa come un macigno sulle spalle dei contribuenti (ai quali i politici non spiegano nulla e per la quale la gestione commissariale non è tenuta a pubblicare i bilanci): se fosse un’azienda sulla quale esprimere valutazioni da un punto di vista privato bisognerebbe tentare la cessione totale ma si tratterebbe di una scelta impopolare per la politica alla continua ricerca del consenso.

Da alcuni giorni un nuovo partner si profila all’orizzonte nella confusa e inefficiente gestione commissariale che si trascina da due anni e mezzo: la tedesca Lufthansa, che si era fatta avanti già due anni fa più o meno alle stesse condizioni, per integrare il suo business e particolarmente interessata agli slot aeroportuali di Milano e Roma.

Lufthansa non si è ancora espressa ufficialmente su quale ammontare di capitale sarebbe disponibile ad erogare per partecipare non solo al salvataggio ma anche ad un possibile rilancio della compagnia: la partecipazione dovrebbe comunque oscillare tra i 150 e i 200 milioni di euro.

Per il momento ha preferito esporsi per una “ampia partnership commerciale”: il termine ultimo per l’invio dell’offerta da un raggruppamento consortile è fissato al 21 novembre. La presenza di Lufthansa come nuovo partner implicherà l’ennesima proroga alla gestione, visto che la compagnia tedesca dovrà stilare un piano industriale con cui tenderà ad arrivare, in tempi ragionevoli, ad un tendenziale pareggio economico, bisognerà trovare l’accordo tra Sindacati e Governo ed ottenere l’autorizzazione dalla Commissione Antitrust.

Nodo importante saranno infatti gli esuberi: in una prima interlocuzione i tedeschi hanno paventato la possibilità di riorganizzare pesantemente il gruppo con 6.000 dipendenti in meno, ben 4.000 in più rispetto ai piani industriali programmati dagli altri partner.

Il ridimensionamento della flotta sarà l’ultimo passaggio per poter alleggerire di oneri e disfunzionalità l’intera azienda.

Appesantita dalle condizioni finanziarie e dalla cattiva gestione, Alitalia viaggia con proroghe continue dell’amministrazione straordinaria e con finanziamenti ponte del Governo continuamente affrancati dalla restituzione (sia per la quota capitale che per la quota interessi).

La presenza di Lufthansa potrebbe affiancarsi o escludere completamente la partecipazione della statunitense Delta: una compartecipazione all’azionariato potrebbe essere la soluzione ideale se si riuscissero a mettere i paletti di una ordinaria convivenza aziendale (già di per sé comunque difficile nelle particolari condizioni economico finanziarie di Alitalia).

L’unico partner italiano rimasto nelle trattative è Atlantia (gruppo Benetton) che però, indirettamente, lega la sua partecipazione alla soluzione del contenzioso con il Governo del ponte Morandi.

L’ultimo prestito ponte ad Alitalia è stato concesso pochi giorni fa: altri 400 milioni per alimentare il pozzo senza fondo di un’azienda che dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’Italia turistica, penalizzata oggi dalle linee low cost, e da Governi che non hanno saputo sviluppare adeguatamente le potenzialità ed il brand turistico del nostro Paese.

Il piano strategico del turismo 2017-2022 promosso dal Governo Gentiloni è rimasto infatti sostanzialmente lettera morta, in attesa dell’attivazione organica di strategie di gestione a livello centrale con il coordinamento di interventi locali capaci di incidere sull’attrattività del nostro Paese (che sta sprecando, per incapacità, una tra le sue più grandi ricchezze).

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