Salvare l’Italia, quando è ancora possibile

La Commissione Europea rettifica, come tutti gli altri organismi nazionali ed internazionali, le previsioni del Governo: le stime sulla crescita sono inferiori, passando dall’ 1,5%  all’ 1,2%, conseguentemente il deficit è destinato a salire fino al 2,9% (invece del 2,4%), sfondando la soglia prevista dalle regole nel 2020, a quota 3,1%.  Il rapporto debito/pil non scenderà a causa della combinazione tra aumento del deficit, tassi di interesse elevati e notevoli rischi al ribasso.

Minori entrate fiscali derivanti dalla minore crescita oltre a spese per interessi, faranno dunque collassare il deficit: continuerà, amplificandosi con il rischio di prendere strade non prevedibili, il nostro profilo finanziario grave e rischioso.

Non c’era da aspettarsi prospettive diverse: l’Italia frena e il Pil si arresta dopo 3 anni, l’occupazione scende, la fiducia si dirada, lo spread sale, le banche inviano importanti segnali di crisi e si avviano verso una chiusura dei rubinetti del credito.

In manovra economica mancano le riforme di produttività e mancano gli interventi orientati allo sviluppo, mentre il Governo lavora in una direzione di generale isolamento.

Sono irrisori 5 miliardi di investimento in un clima di così generale sfiducia ed incertezza che non riusciranno ad attivare moltiplicatori, è un errore depotenziare Industria 4.0, è un gravissimo errore irrigidire il mercato del lavoro con il contenuto del “Decreto Dignità”.

L’Italia deve rispondere alla lettera inviata dalla Commissione Europea nelle scorse settimane entro il 13 novembre: se entro fine anno la Commissione attivasse la procedura d’infrazione, questa costerebbe lo 0,5%, quasi la metà della somma stanziata per il reddito di cittadinanza.

Perché arrivare a questo e non dirigere diversamente le risorse?

Non sarebbero sufficienti neanche artifici contabili come lo spostamento dei due provvedimenti bandiera (reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni) in due disegni di legge collegati alla finanziaria: i conti alla fine si faranno.

Potrebbe partire dal prossimo rapporto sul debito che fornirà la Commissione, l’apertura della procedura di infrazione: nel mese di luglio 2018 l’Italia era stata risparmiata solo perché era stato promesso, con la consapevolezza dei rappresentanti del Governo, che in Ottobre si sarebbe approvato un bilancio oculato e responsabile.

L’Italia sta invece bloccando il percorso di riforma dell’Eurozona, nel momento in cui gli Stati Uniti potrebbero avere una sorta di paralisi legislativa che potrebbe interrompere i processi di riforma fiscale espansiva in atto, nel bel mezzo di una crisi commerciale mondiale, con una tendenza alla crescita dei costi energetici, mentre la Cina è appesantita da una importante situazione debitoria.

Non sarà la Russia a sostenere il nostro Paese: si tratta di una realtà economica che ben pondera l’affidabilità dei siti ove dirigere i propri investimenti.

Non sarà con la mancanza di trasparenza che si affronteranno i mercati, visto che mancano i dati trimestrali rilasciati dalla Ragioneria generale dello Stato, fermi al 31 marzo 2018.

Non sarà con queste modalità che si manterrà il risparmio delle famiglie e l’equilibrio dei conti pubblici, che sono gli unici a garantire l’esercizio della vera sovranità del Paese.

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