19 ottobre 2017
Quanta superficialità nella valutazione delle offerte sull’Ilva o quanta propaganda elettorale dietro le trattative in corso?
Dopo la scelta della cordata che dovrebbe rilevare l’Ilva cioè AM INVESCO (composta per 85% Arcelor Mittal, primo gruppo siderurgico al mondo, 15% Marcegaglia e, dopo la firma del contratto, il subentro di Intesa San Paolo a rilevare le quote dei primi due per il 10%), lefasi da affrontare sono 3:
1) il confronto con i sindacati sul piano occupazionale ed industriale, per garantire le promesse di mantenimento dell’occupazione a 10.000 unità (dopo gli esuberi definiti nell’offerta per 4.000 persone di cui 3.300 a Taranto e 700 a Genova: di questi esuberi già oggi 2.000 sono in cassa integrazione);
2) l’aggiornamento del piano ambientale, denominato AIA, che fa seguito a quelli del 2012 e del 2014;
3) l’autorizzazione da parte dell’autorità antitrust europea per evitare concentrazioni nelle mani di un solo produttore.
* La trattativa con i sindacati si è interrotta perché AM Invesco aveva garantito nell’offerta 10mila occupati mentre la lettera di apertura della procedura che è stata inviata dall’Ilva il 6 ottobre (che è gestita dai commissari del Governo in quanto l’azienda è in amministrazione straordinaria) in buona sostanza fa riferimento anche a quanto dichiarato dal Mise nel mese di giugno. Nella nota che ha accompagnato il decreto di giugno, il Ministero affermava che il costo del lavoro per ogni occupato era di 52mila euro a partire dal 2021. Il confronto si è così fermato perché Am invesco ha dichiarato che i 10mila che passeranno alla nuova azienda (da occupare peraltro fino al 2024) non hanno garantito un minimo contrattuale (che invece Calenda considerava acquisito) e che, soprattutto, ripartiranno con il nuovo contratto del Jobs Act (che in buona sostanza impedisce di mantenere gli scatti di anzianità già acquisiti dai lavoratori).
I restanti 4.000 esuberi saranno impegnati nelle attività di bonifica ambientale con una parte della cassa integrazione straordinaria che preleverà i fondi dal miliardo e 300 milioni rientrati dalla confisca alla famiglia Riva.
* Il piano ambientale (denominato AIA – autorizzazione integrata ambientale) viene aggiornato con provvedimenti del Ministero dell’ambiente con continue consultazioni pubbliche e raccogliendo le osservazioni dei cittadini, delle associazioni e di tutte le parti interessate. Si tratta di un documento “dinamico”, che contiene cioè i risultati di una negoziazione continua mentre si produce e si migliorano le tecnologie ambientali.
Il piano ambientale deve fronteggiare il contrasto che esiste tra la necessità di mantenere i livelli occupazionali – legati alla produzione – ed il limite posto dall’ inquinamento. E’ stato fissato infatti, con Decreto del Presidente del Consiglio nel settembre 2016, in 6 milioni di tonnellate, il limite massimo di produzione, almeno fino al completamento di tutte le opere di bonifica ambientale. Cioè, non potrà salire il quantitativo prodotto oltre i 6 milioni (e quindi l’occupazione) perché si inquina e ciò fino a quando non saranno fatti gli adeguamenti industriali e le bonifiche ambientali (il problema ambientale diede origine alla crisi dell’Ilva: l’inquinamento causò l’intervento della Magistratura a cui fece seguito l’insolvenza con il commissariamento).
*Nel frattempo si è in attesa di eventuali rilievi antitrust sul versante della libera concorrenza per evitare concentrazioni aziendali in mano ad un unico produttore e l’auspicio è che essi non siano penalizzanti per gli acquirenti per evitare che Am Invesco possa in qualche modo ritirarsi dall’offerta aggiudicata. La risposta dovrebbe arrivare entro la fine di ottobre.
L’offerta economica di AM Invesco che è risultata aggiudicataria prevede un impegno complessivo di 4 miliardi da parte dei nuovi soci che occorrono per
-rimborsare l’importo anticipato dallo Stato per il mantenimento in funzione degli impianti dal momento dell’apertura della procedura per 1,7 miliardi (1miliardo e 100milioni di liquidità e 600milioni di garanzie),
-realizzare gli investimenti industriali e tecnici sugli impianti per 1,3 miliardi,
-conferire allo Stato una somma residuale al termine dell’operazione di cessione.
Il problema è: che carte sull’occupazione hanno letto i commissari quando hanno fatto l’aggiudicazione ad AM invesco?
E’ possibile che il documento del 5 giugno del Mise sia stato prodotto con superficialità senza che la controparte affrontasse i livelli retributivi o l’ipotesi di un nuovo inquadramento contrattuale? E ciò è verosimile quando dentro l’assetto societario degli acquirenti c’è un socio ben legato agli aspetti finanziari in cui è già intervenuto il Governo (Marcegaglia – Monte Paschi)?
Oppure è tutta una strategia per mantenere in piedi un ambiente in suspence per dare un esito positivo prima delle elezioni di primavera considerato che sono coinvolte oltre 20mila persone tra azienda e indotto? (“Calenda che lascia il tavolo” ha già indotto molti ad un positivo approccio).
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