La manovra di bilancio

10 ottobre 2017
La manovra contenuta nella Nota di aggiornamento al Def è un documento che serve a fissare i limiti entro cui potrà operare il Governo nel bilancio 2018 e contiene tutte le aggiunte ai fondi previsti già nel 2017, si tratta, in sintesi, di una sorta di aggiustamento dei conti.

Il documento è stato presentato dal Governo al Parlamento per l’approvazione, sia per il suo contenuto sia perché non viene rispettato il pareggio di bilancio per il 2018 previsto dalla Costituzione, cioè anche per il 2018 si opererà in deficit (in breve, le uscite saranno maggiori delle entrate – alla fine saremo complessivamente più indebitati come Paese).

Il bilancio numerico vero e proprio sarà invece presentato alle Camere entro il prossimo 20 ottobre e le cifre saranno più complete: ora vengono fissati i parametri di riferimento..

Dove sono stati trovati i fondi per questa “manovra” che è solo una parte aggiuntiva a quello che è stato programmato per il 2018 negli anni precedenti?

**Anzitutto 10 miliardi sono stati autorizzati dalla Commissione Europea: in aprile era stata promessa una riduzione del deficit italiano mentre ora ci concedono di operare in deficit per circa 10 miliardi (dietro questa dinamica c’è una trattativa del Ministro dell’Economia).
**Altri 5 miliardi proverranno dal settore fiscale:
-nuova rottamazione di cartelle ex Equitalia (si vocifera si potranno rottamare anche le cartelle notificate fino ai primi 6 mesi del 2017),
– obbligo di fatturazione elettronica tra privati (ora la fatturazione elettronica riguarda essenzialmente la Pubblica Amministrazione).
**1 miliardo proverrà da tagli alla spesa di tutti i Ministeri.
**Allo studio c’è una web tax per gli operatori internet che non hanno una sede operativa sul territorio italiano ma che realizzano in Italia il loro fatturato.

Dove vengono destinati questi fondi aggiuntivi?

*15 miliardi per disattivare l’ aumento dell’IVA. Tale aumento scatterebbe se non riuscissimo a coprire le spese che abbiamo inserito in bilancio con delle entrate fiscali. In breve, spendendo di più, da qualche parte dobbiamo coprire. Bisogna coprire perché siamo un Paese notevolmente indebitato, nel senso che non solo il debito è di per sé elevato, ma lo è soprattutto rispetto alla ricchezza che riusciamo a produrre (è come se ad una famiglia già indebitata venisse concesso un ulteriore prestito ma lo stipendio dei due genitori rischiasse di non essere assicurato fino alla fine dell’anno: la banca chiederebbe ulteriori garanzie). A fine 2018 dovremo trovare altri 7,8 miliardi per non far scattare le clausole di salvaguardia nel 2019.
* 1,65 miliardi per rinnovare i contratti del pubblico impiego. Il 30 novembre 2016 i sindacati hanno concordato con il Governo un aumento dei contratti di 85 euro lorde in media al mese (stipendi congelati dal 2010 in attesa che venissero definite le nuove regole della riforma Madia).
* 600 milioni per la lotta alla povertà, che si aggiungono al reddito di inclusione già approvato (1 miliardo e 600 milioni già stanziati in precedenza oltre a questi, per i quali gli interventi iniziano da gennaio 2018).
* 300 milioni per gli investimenti pubblici.
* 300 milioni per l’assunzione dei giovani sotto i 29 anni (si ridurranno i contributi).
* 1 miliardo per le spese indifferibili (missioni internazionali e finanziamenti per le Ferrovie dello Stato).

Riepilogando, le esigenze da rispettare nel bilancio sono due:
tenere i conti in ordine, cercando di evitare che gli speculatori ci facciano pagare alti tassi di interesse sui titoli di Stato a causa del nostro debito elevato,
spingere sulla crescita del Paese dopo la recessione devastante verificatasi tra il 2008 e il 2013.

Un cammino che, come è comprensibile, sarà difficile, per tutti i Governi.

Quali sono le alternative?
Se tagliassimo il deficit rischieremmo di avere altri periodi di recessione economica e l’Italia non se lo può permettere. Se lo spingiamo troppo in avanti rischiamo di far collassare i conti. Dunque la via maestra per l’orientamento è far ridurre il rapporto debito / Pil in maniera graduale ma significativa, contando anche su una fase di positiva ripresa dell’economia internazionale (noi esportiamo molto e questo -in breve- ci permette di ridurre il rapporto debito/Pil).

Per il 2018 potremo contare ancora (poco) sulla politica monetaria della Banca centrale europea, che ci aiuterà a non far alzare troppo i tassi di interesse sui Btp in vista delle elezioni politiche (andrebbero via altri soldi inutilmente), sia in generale terrà bassi i tassi di interesse per gli investimenti di imprese e famiglie.

In Europa si sta lavorando anche per cambiare i meccanismi che ci costringono dentro ai parametri europei: Italia, Francia, Portogallo e Spagna hanno inviato una lettera alla Commissione Europea chiedendo di modificare i criteri di calcolo. Secondo questi conteggi, infatti, se il Pil effettivo di un Paese resta lontano da quello potenziale, non sono chiesti sacrifici di bilancio. Se la distanza tra il Pil reale ed il Pil potenziale è poca, il Paese viene trattato come un’economia in salute, quindi è costretto a rimettere a posto i conti se li ha in disordine (per noi il debito). Sistemando i meccanismi di calcolo, si arriverà ad evitare questi automatismi.

Una considerazione personale: in questa manovra mancano in maniera importante aggiunte per gli investimenti, sia pubblici che privati.
Per gli investimenti privati, sebbene saranno rinnovati il programma Industria 4.0 ed il credito di imposta, spingere sugli investimenti significa crescere nel futuro.
Se non investiamo restiamo un Paese a bassa produttività, che ha bisogno di aggiornare la sua formazione, la ricerca e la tecnologia.
Se gli investimenti scarseggiano (e siamo ancora del 30% sotto il livello del 2008), l’offerta nel tempo diventa poco qualificata. Visto che la domanda è scarsa a causa delle politiche di austerità e di un generale timore del futuro, cerchiamo di sviluppare quello che è più redditizio a lungo termine per il Paese.

Insieme a questo, una grossa spinta va data a chi è restato indietro proprio a causa della crisi economica, e 600milioni in più sono ancora pochi.

Sperando non si aggiungano, nel cammino, le solite mance elettorali.

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