Il 27 settembre è arrivato il via libera del Consiglio dei Ministri sulla cornice della manovra di bilancio prevista per il 2019: la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza non ha ridotto le distanze tra la posizione del Ministro Tria (considerato l’unico baluardo per evitare il deragliamento dei conti pubblici) e le promesse elettorali di 5 stelle e Lega, con un compromesso precedentemente previsto e plausibile per un deficit fissato tra l’1,8 e l’1,9%.
Il Governo si è sbilanciato con un importante rapporto deficit – Pil del 2,4% (dopo aver concordato l’1,6% con la Commissione europea) da considerarsi peraltro per ogni esercizio del prossimo triennio. Una decisione che potrebbe mettere in discussione gli equilibri del Paese, esponendolo fortemente a shock esterni.
Il Def dello scorso anno indicava un deficit allo 0,9% del Pil: per arrivare all’approvazione della modifica, il Governo chiederà al Parlamento di esprimersi sulla risoluzione perché i parametri si trasformino nella futura legge di bilancio.
Il programma di governo dei pentastellati prevedeva di ottenere 30 miliardi dalla spending review e 40 miliardi dal taglio delle detrazioni fiscali: di queste promesse non c’è, per il momento, alcuna traccia numerica nella nota di aggiornamento al Def.
Com’è naturale, i mercati hanno subito prezzato la manovra e l’aggravio dei conti pubblici: il giorno successivo all’annuncio si è verificato il tonfo. Sotto la fiamma dello spread, la Borsa è crollata sotto un’ondata di vendite soprattutto per i bancari, fortemente esposti sui titoli di Stato. Aver superato dei valori programmatici di deficit in maniera così importante non ha infatti reso il programma sostenibile agli occhi dei mercati e dunque l’intero obiettivo è risultato poco credibile, determinando i crolli.
Il progetto che detta le basi della legge di stabilità ed avvierà la sessione di bilancio in Parlamento, dovrà superare ora l’analisi:
– dei mercati;
– della Commissione Europea, anche con il rischio che si provochi uno scontro frontale, un primo isolamento e si apra uno scenario di crisi, visto che l’Italia, secondo le regole, dovrebbe ridurre il deficit strutturale dello 0,6% nel 2019, dopo aver goduto di molta flessibilità negli ultimi anni;
– delle agenzie di rating.
Tutte queste barriere potrebbero vanificare la realizzazione del contenuto del contratto di governo.
Gli obiettivi annunciati nella cornice numerica prospettata, che dovrà essere riempita di azioni operative sono:
–ridurre il divario tra la crescita italiana e quella dell’Unione Europea. In tal senso bisognerà valutare se le intenzioni riusciranno ad essere trasformate in realtà rilanciando la domanda, soprattutto quella interna, gli investimenti e l’economia, facendo migliorare il rapporto debito – Pil.
La crescita del Pil ovviamente riuscirebbe a ridurre il rapporto di deficit e debito con il Prodotto nazionale, ma nelle intenzioni attuali si riescono a riscontrare soltanto assistenzialismo, spese che potrebbero rivelarsi infruttifere a far crescere la domanda interna e sostanzialmente una visione statalista alla ricerca di quel consenso che è stato l’elemento che ha reso l’Italia “schiava” del suo debito negli ultimi 30 anni.
La crescita passa soprattutto per lo sviluppo degli investimenti pubblici, capaci di stimolare il moltiplicatore ad alto impatto sull’economia e unici garanti di una tabella di crescita: non danno la stessa sicurezza di crescita il reddito di cittadinanza e la flat tax. Gli investimenti pubblici sono gravati attualmente da un appesantimento nella legislazione di gara, oltre che da talvolta dimostrate limitate capacità progettuali della Pubblica Amministrazione. Gli investimenti pubblici sarebbero peraltro seguiti dagli investimenti privati che risulterebbero però penalizzati nel caso in cui il trend di crescita dello spread e la riduzione delle quotazioni di Borsa dovessero continuare in maniera costante nei prossimi tempi.
Il Ministro delle infrastrutture Toninelli aveva accennato ad un piano straordinario per le infrastrutture, senza limiti di finanziamento e fuori dai vincoli dell’Unione Europea, ma molto probabilmente in questo schema rientrerà la sola ricostruzione del ponte di Genova.
Nessun piano di investimenti sarà però credibile se non accompagnato da una puntigliosa analisi costi-benefici.
-ridurre l’incidenza del debito. Ciò è possibile se il Pil nominale crescerà in misura maggiore del 2,4%, partendo da una previsione di crescita attuale dell’1,1%. La differenza dipenderà anche dall’inflazione che si verificherà e la crescita dell’inflazione a sua volta potrebbe avere come conseguenza tassi di interesse maggiori che potrebbero aumentare il deficit (o comunque ridurre i margini di spesa), oltre che impattare negativamente sulla propensione di consumi ed investimenti.
Nella valutazione di riduzione del debito bisogna peraltro tenere in considerazione le previsioni di tutti i più importanti organismi a partire dall’Ocse, che ha evidenziato per il prossimo anno un tasso di crescita al ribasso per l’economia italiana. Il peggioramento congiunturale potrebbe incidere molto negativamente sul quadro economico di presupposto della nota di aggiornamento al Def, peggiorando i rapporti deficit /Pil e debito / PIl ed avrebbe come unico risvolto positivo il fatto che, modificando il parametro dell’output gap (il valore di riferimento della Commissione europea nella valutazione delle politiche di bilancio), potrebbero essere “limate” le correzioni richiedibili dall’Unione Europea.
LA VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
La manovra sarà esaminata dalla Commissione Europea tra il 15 ottobre ed il 1 novembre prossimi, con l’enorme rischio che, essendocisi allontanati dai parametri sinora concordati, possa essere rispedita al mittente, a meno che nell’ambito del Consiglio Europeo non si riesca a formalizzare l’accettazione dell’Italia della riscrittura delle regole di Governance europea e del funzionamento del meccanismo ESM, che irrigidirebbe la posizione in caso di ristrutturazione dei debiti di uno Stato che incontra difficoltà nell’equilibrio dei conti pubblici.
Il non aver saputo mettere in piedi una manovra equilibrata, compatibile con i parametri dell’Unione Europea ha fatto dimenticare che si opera in un sistema di regole condivise che permette di mantenere un equilibrio coordinato tra vari elementi da considerare.
LA VALUTAZIONE DELLE AGENZIE DI RATING
Entro fine ottobre si esprimeranno Standard & Poor’s e Moody’s: sarà estremamente importante che il mercato non cambi la propria prospettiva sui titoli italiani, sia perché vi sarebbe un immediato aumento dei costi dell’indebitamento, sia perché, in caso di declassamento, la Banca centrale europea potrebbe non permetterebbe agli Istituti bancari di usare i Btp come collaterale nelle operazioni di finanziamento liquidità. Inoltre gli Istituti bancari sottoscrittori sarebbero penalizzati da una riduzione del valore dei titoli iscritti a bilancio con conseguente erosione dei requisiti patrimoniali e la necessità di ricapitalizzare, con gravi effetti sul credito concedibile a cittadini e imprese, oltre che, da ultime, possibili conseguenze sui risparmi.
Attualmente i titoli del debito pubblico italiano sono tra la soglia degli investimenti poco rischiosi (investment grade) e quelli per la forte speculazione (speculative grade). Per tale ragione l’Italia resterà sotto monitoraggio dei mercati fino alla definitiva stesura della legge di bilancio: il Paese deve perciò aspettarsi 3 mesi di forte volatilità e possibili ingenti oneri finanziari.
LO SCENARIO COMPLESSIVO
Tutto quanto sopra accade mentre:
* l’indebitamento complessivo mondiale pubblico e privato è pressoché triplicato negli ultimi 10 anni;
*esiste in circolazione una quantità di moneta, che pur avendo sostenuto in maniera incisiva lo sviluppo di intere aree, oggi rappresenta un pericolo per la stabilità stessa del sistema finanziario: potrebbero infatti nascondersi bolle speculative pronte a scoppiare;
* vi è un clima commerciale mondiale fortemente deteriorato;
* vi sono, come sopra detto, previsioni in ribasso di crescita del Pil per il 2018 con un effetto di trascinamento per il 2019;
* a partire da Ottobre 2018 la Banca Centrale Europea, che pure ha permesso di allungare le scadenze medie dei nostri titoli di Stato e reso momentaneamente il nostro debito meno vulnerabile a shock esterni, inizierà a ridurre lo stock di acquisto dei titoli pubblici, che sarà completamente azzerato da gennaio,
* vi è una crescita prevedibile dei tassi di interesse internazionali al traino di quelli degli Stati Uniti;,
*nel Paese restano, nonostante la manovra tendenzialmente espansiva, le gravi rigidità del lavoro unite alle pesantissime inefficienze amministrative e legislative mai risolte negli anni;
*il sistema produttivo italiano si è avviato verso una faticosa ripresa e non può sopportare un clima di incertezza generalizzato;
*la risalita dello spread vanificherebbe in gran parte il cuscinetto di deficit che con il progetto si è intesi garantire a copertura della spesa;
*sino ad oggi le Banche italiane in possesso dei titoli del debito pubblico italiano non hanno ancora trasferito i maggiori oneri di finanziamento ad imprese e famiglie, ma se dovesse continuare l’onerosità dei tassi, questa si riverbererà nel giro di pochi mesi sui mercati;
* il Paese è alla ricerca di sicurezze più che di instabilità.
La tempesta finanziaria si aggira sul nostro Paese, che ogni anno deve rinnovare 400miliardi di titoli. A queste condizioni potrebbe essere estremamente semplice piegare l’Italia: non saranno i politici di oggi a dover rimborsare i debiti, ma le generazioni che seguiranno.
Il nodo potrebbe stringersi sempre più intorno al collo dei cittadini, già indeboliti dal terzo debito mondiale e, in questo modo, l’Italia dipenderà sempre più da chi ne sottoscriverà i suoi titoli.
Ci si aspettava una maggiore responsabilità istituzionale, unita ad un forte atteggiamento di matura prudenza. Così non è stato.
Mi congratulo per L articolo ben sviluppato su ogni punto. Mi permetto di farle notare che gli altri governi Monti-Letta -Renzi – Gentiloni hanno approvato dei Def anche più pesanti di questo – ritengo che bisogna dare fiducia alle persone e verificare nei prossimi 12 mesi – non possiamo diventare tutti difensori dello spread manipolato esclusivamente dai grandi fondi vedi Black Rock ecc
Grazie dell’osservazione. Il problema non risiede tanto nel numero percentuale quanto nella combinazione tra il valore numerico, le previsioni di contingenza, la situazione oggettiva internazionale e la destinazione del contenuto del numero. A presto, buon lavoro!
Mi tolga una curiosità ma lei è la figlia del presidente Luciani di Francavilla – imprenditore edile- perché ero amico di suo papà – grande persona .
Si, grazie del bel ricordo che ne fa. Sulla mia pagina Facebook
https://www.facebook.com/mariacristina.luciani.9
trova anche ricordi suoi. A presto!